L’ordinamento interno
Ai suoi inizi, l’ordinamento della Casa di San Giorgio non si discostava dalle compere precedenti, se non per le dimensioni più corpose dell’organico, che contava 8 amministratori col titolo di Protettori, notai con funzione di cancellieri, scribi addetti ai libri delle colonne, due consoli per la gestione delle gabelle, commessi e dal 1408 notaio, cassiere e pesatore del nuovo banco. Un salto qualitativo sostanziale si ebbe dal 1445, con l’istituzione di un ufficio incaricato della liquidazione dei banchi e in generale dei residui (Ufficio del 1444) e nei decenni seguenti, quando l’acquisizione di possedimenti territoriali complicò ulteriormente la gestione. Il moltiplicarsi dei decreti e delle deliberazioni su questo o quell’aspetto dell’ordinamento interno finì per nuocere alla vita dell’ente, al punto che nel 1564 il Gran Consiglio delle compere nominò una commissione di quattro cittadini con il compito di raccogliere e coordinare (recolendi et restringendi) le norme esistenti. Il testo predisposto dalla commissione fu poi rivisto e riformato di comune accordo dall’Ufficio dei Protettori, da quello dei Precedenti (gli Protettori scaduti di ultima nomina) e dall’Ufficio del 1444 e dato alle stampe nel 1568. Il corpo normativo della Casa non rimase inalterato, ma fu sottoposto in seguito a modifiche e integrazioni, sia pure caute, che resero necessarie nuove edizioni aggiornate nel 1605, 1634, 1698 e 1720.
Le modifiche non incisero comunque sulla struttura generale della Casa e sulla distribuzione sostanziale dei poteri, che rimase quasi inalterata dalla metà del Cinquecento in poi. Organo supremo era il Gran Consiglio delle compere, che rappresentava l’insieme dei luogatari ed era convocato dai Protettori per esprimersi e deliberare con forza di legge sui negozi “ardui e importanti”, sulle richieste di finanziamento della Repubblica e su tutti gli altri affari delle Compere. Gli organi direttivi principali erano rappresentati da sei “Uffici” maggiori retti da altrettanti collegi (cinque di 8 componenti ciascuno, il sesto di 4). Tra essi primeggiava l’Ufficio dei Protettori (8 membri), che aveva l’autorità suprema su tutto ciò che spettava alla Compere e alla loro giurisdizione; le sue funzioni principali includevano l’amministrazione della massa dei luoghi, la vendita delle gabelle di dotazione, la fissazione del provento annuale, l’organizzazione degli uffici, il controllo della tesoreria, il controllo contabile dei cartulari delle paghe e dei registri delle gabelle, la rappresentanza dell’ente di fronte ai terzi. Gli altri cinque uffici erano in qualche modo degli organi complementari, che svolgevano compiti collaterali indispensabili alla gestione. L’Ufficio dei Precedenti (così chiamati perché erano gli ultimi 8 Protettori usciti dalla carica) sovrintendeva al porto franco e all’amministrazione doganale, presiedeva al governo dell’imposta sui carati (la più produttiva di tutte) e partecipava alla gestione delle gabelle sul grano e sul vino. L’Ufficio dei Procuratori (con 8 reggenti) prendeva in consegna il primo gennaio di ogni anno il cartulario dei Protettori relativo all’anno precedente e subentrava loro nell’amministrazione delle operazioni rimaste aperte, perseverando in tale compito per cinque anni e impiegando l’ampia autorità anche giudiziaria di cui era investito per riscuotere le somme dovute dai debitori della Casa e pagare i creditori. Alla scadenza le operazioni ancora sospese erano trasferite al c.d. Ufficio del 1444 (8), che proseguiva a tempo indefinito nella gestione dei residui, provvedeva alla manutenzione e locazione dei beni immobili della Casa e inoltre amministrava le dispense e i moltiplici che molti privati le avevano affidato. Vi erano poi l’Ufficio del sale (8), che si occupava dei relativi acquisti e vendite in regime di monopolio, e l’Ufficio dei Sindacatori (4), a cui spettavano la vigilanza sulla corretta applicazione degli ordinamenti interni, la verifica delle obbligazioni di luoghi e in certi periodi anche i controlli di forma e contenuto sui libri contabili. Ai quadri inferiori e agli organi esecutivi erano affidate – secondo i ruoli del 1631 – circa 770 mansioni retribuite, di cui la maggior parte faceva capo a soggetti distinti mentre le altre, essendo ciascuna di scarso impegno (e compenso), erano raggruppate e assegnate in cumulo alla stessa persona. Escludendo i 44 magistrati con funzioni direttive, la Casa di San Giorgio occupava in quell’anno 573 unità, che comportavano (tra onorari, stipendi, strenne natalizie e altri compensi) una spesa annuale di 200.000 lire. Secondo le leggi del 1671-73 l’orario di lavoro variava, a seconda delle stagioni, da 6 a 7 ore gionaliere negli uffici centrali e da 7 a 8 ore in dogana. Il cuore pulsante della Casa di San Giorgio era nell’edificio cresciuto sul corpo duecentesco del palatium Communis, poi palatium maris e dal 1340 almeno adibito a dogana; nel 1443 il governo diede in uso all’Officium Sancti Georgii una stanza posta sopra la dogana e nel 1451 gli cedette anche gli altri locali purché si accollasse le spese di riparazione straordinaria dell’immobile, che era in pessime condizioni. Da allora, l’amministrazione centrale della Casa, che consisteva di un centinaio di unità tra quadri supremi, “ministri” e personale esecutivo, ne occupò il primo piano e quelli superiori. Il resto del personale lavorava nella dogana (stabilita al piano terreno), nel porto franco e nelle innumerevoli stazioni doganali poste in porto alla radice dei moli di attracco, in città presso le porte di accesso dal mare e da terra, e nel dominio, in corrispondenza dei principali approdi e dei percorsi obbligati delle merci provenienti o dirette all’estero. |
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